sabato 29 novembre 2008

Magari domani sarà importante
se c’è il sole oppure no.
Magari domani mi sveglierò evidente,
da riuscire ad attraversare alle strisce.
Per te oggi è gia tardi,
torni per ripartire,
in nessun albergo
in nessuna città
c’è mai stata la comodità adatta
a farti restare.

Magari domani sentirai gli anni
accelerare e perdere pezzi
senza sapere cosa hai tra le mani,
ecco perché con i ricordi
uso guanti da macellaio,
ci si può tagliare.
Bisognerebbe inventare delle attese, quotidiane.
Tanto per sorprendere la rassicurata rassegnazione.
Portiamo appeso in fronte
un decalogo d’incombenze programmate,
almeno i computer ogni tanto s’impallano,
noi veniamo forniti del cuscino.
E’ venerdì, può bastare aspettare un autobus.
Due passi sopra il ponte
c’è la luna, trovati una pozzanghera
dove lisciarti le stelle,
invece di soffiarmi sul collo, i fossi.
Sfilo bottiglie vuote dai cestini
aspetto un messaggio speciale,
pescando margherite d’isola pedonale.

domenica 9 novembre 2008

Attratto dai fari delle auto,
una falena scema
che voleva essere diversa.
Se cerchi qualcosa,
il mondo diventa buio presto.
Attratto dai fari delle auto,
dal marciapiede sono le luci più vicine.
Vien giù la pioggia
e cadono capelli,
buste vuote tra i rami
vele pronte a rimpiazzare la fatica di sognare.
Un busta di mosche ammaestrate,
sulla fortuna si può sempre scivolare.
Suda il cielo,
e le finestre sono fredde,
appoggiarsi come ciechi coi bastoni rotti
alla fantasia della televisione.

domenica 19 ottobre 2008

Ho incendiato la casa del vicino,
accendevo a sera una candela
i neon tremolavano divertiti,
ombre naviganti ubriache,
credevano fosse un faro.
E comunque tra tutte le stelle che ti sei comprata
manco l’avresti vista,
invece un po’ di benzina
si offre ad un’ottima visuale dal tuo attico.
Mi vedi ? Sono qui,
l’amore lasciamolo dimenticare
io rivoglio i miei libri.

lunedì 13 ottobre 2008

C’incontriamo solo dal dottore,
ed ogni volta si fa più fatica
a dire che tutto è rimasto uguale.
Aiuta sedersi al banco della farmacia
lasciando divertirsi le ipocondrie
tra supposte,antibiotici, vitamine.
Dovevano prescriverci di essere giovani
quando era la stagione.
Rubiamo tinte per capelli,
ripensando alle mele del vicino.
Sotto un cielo color acciaieria,
pigiati come sardine scondite
emigranti dei bar di stazione,
l’umidità è lo spartito appoggiato alle ossa
che il vento sfoglia.
Ingobbiti su minestre riscaldate, tressette,
assieme ci buttiamo giù frasi,
la memoria perentoria ha un sapore senile e cattivo.

domenica 28 settembre 2008

Adesso lo chiamano marketing,
purtroppo i miei sette anni
buttati qua e la, non parlano inglese
anzi starebbero proprio zitti.

Devo essere più attivo,
fiutare l’eccitazione
seguire ogni parto intestinale
allinearlo al logo,
provate a cambiarmi le batterie.
D’improvviso s’è spenta la luce,
mi erano rimaste due pagine,
vabbè tanto il cattivo
puntualmente aveva perso.
Accidenti però a quel pacchetto di bionde,
neanche scartato,
ai gatti che dovevano mangiare.
D’improvviso nel buio,
ti sei innamorata di me
e mi hai fermato il cuore.

giovedì 18 settembre 2008

I tuoni sbattono sui vetri,
mentre m’incasino nel trattenere troppo
l’umida scia d’una quiete d’inesistenza
dall’umore di traverso del cielo
ed ancor più dagli oscuranti bagliori,
dei manicomi ad ore in città.
Carla dice addio
ma non vuol far sapere che lei ha già deciso;
c’è un nuovo dottore venuto da chi sa dove
c’è un prete, ed agita il suo manuale;
bisogna portare rispetto
hanno scritto molti libri,
peccato, oggi tutta questa gente
vorrebbe proprio mandarla a cagare.
Un’ improvvisa importanza,
che neppure da bambini
sapevamo dove fosse,
arrivati infondo all’arcobaleno.

Carla dice addio, sottovoce
lo sa bene, è stata nel posto sbagliato
per trovare un suono ad una vita
che non si è lasciata toccare.

martedì 9 settembre 2008

L’estate è finita,
sono tornate le sette di mattina
e tu da qualche altra parte,
neppure hai capito come mi chiamo,
ora cosa importa ormai
l’estate è finita,
quella sera ero giovane e sobrio
un po’ palloso probabilmente,
capitasti all’improvviso
la parola amore sbaffata sulle labbra,
ed io ti lasciai struccare
con la carta ruvida dei miei peccati.

Zucchero sporco

Non c’è viso guardato
tanto a lungo quanto questo monitor,
né bosco dove mi sia sentito perso
come qui,
io me ne andrei,
a scoprire se il fiume muore
ancora nel mare,
seduto poi tra le linee della tua mano
osservati afferrare la solita consuetudine
e farne di nuovo, un’emozione.

domenica 31 agosto 2008

L'ultima sera di ferie

Ho messo nella borsa
le prime 4 o 5 risposte diplomatiche
capitate sottomano.
E’ facile che domani
dovendomi già ricordare
di zuccherare il caffè,
la mia memoria si schifi,
meglio essere previdenti.
L’ultima sera di ferie,
è poco per ripassare la parte,
senza la prospettiva di un oscar.

martedì 26 agosto 2008

Ti aspetti che abbia un’erezione
appena parli di letteratura,
solo perché scrivo?
Mi capita piuttosto
se ho i soldi per pagare
tutte le bollette.

E’ gente morta, o quasi
ma con la tua bocca,
annoia come i vivi.
L'amore è come le sigarette
sai che fa male,
smettere forse…
quando il prezzo sale
chiedi al contrabbando,
con polmoni marci
od i pantaloni abbassati
ti cimenti nel rito di una promessa bugiarda.

domenica 24 agosto 2008

E' un'unghia di terra
dove abito, fuori città,
ed inizia ad esserci troppa gente
pure dei bambini.
Oggi ho conosciuto il vicino
credo che per lui fosse diventata
una sorta di sfida, presentarsi.
Cosa faccio nella vita ha voluto sapere,
cerco di mantenermi lontano dalle persone.

sabato 9 agosto 2008

Quatt'ossa

Nato storto di cervello e di schiena
una spalla che punta il cielo,
sfregata dall'umidità
ed età avventate,
terapie, scaramanzie
lo scarto alla leva della fretta,
nato per starmene a letto.

sabato 12 luglio 2008

M'apposto sulla panchina
come un piccione sopra il lampione,
per scrollarmi di dosso
la paglia dell'imbalsamatura,
mi sono tagliato radendomi.
In casa è stato meglio tener pulito il pavimento.
per quanto torni tu e credi
di trovarmi vivo.

venerdì 11 luglio 2008

Scarpe nuove, stessi passi
brevi distanze a memoria
posso lasciare gli occhi sul cuscino,
si è sparsa la voce che lavoro con i piedi
dunque li vesto bene.
Vorrei che la poesia
saltasse fuori come i panni da lavare,
trovarla sotto il letto, sulle sedie.

Sentirla arrivare
al ticchettio della penna,
ho un divano di pagine bianche
dove le notti vengono ad aspettarla.

Vorrei che ti somigliasse,
e almeno per una voltadire anche a lei, voglio star solo